Dopo qualche visione, mi è venuto naturale riconoscere ‘Queen Kong’ come un ‘racconto cinematografico’ in cui convergono diverse sfaccettature: si parte dall’erotismo per poi trovarsi in un crescendo porno-horror surreale, ritiene che questa considerazione possa definire in qualche modo l’opera?
Sì, in questo senso è un’opera trasversale, che attraversa vari generi.
Dal punto di vista registico, trovo che le riprese ravvicinate dal basso sul corpo imponente e soggiogante di Valentina siano una scelta che restituisce al meglio la sensualità nella deformità. E’ stato faticoso decidere con quale tipo di riprese valorizzare questa ‘strana creatura’ boschiva?
Nelle riprese non è stato per nulla faticoso – forse in questo senso mi ritengo una regista forte del suo istinto, quando una cosa mi affascina, mi viene facile guardarla. Mi fido del mio sguardo. Invece è stato più difficile in montaggio – c’erano delle inquadrature molto belle, dei carrelli d’atmosfera e descrittivi a cui ho acuto rinunciare per favorire le riprese fatte con l’phone dal protagonista, per restituire quel senso di paura e di isteria che lui provava. Ho dovuto un po’ rinunciare al bello e al sensuale per restituire un po’ più di horror.
Com’è maturata la decisione di non cercare l’erezione maschile, né durante il tentativo di approccio iniziale né durante l’amplesso ‘mostruoso’?
La non erezione iniziale era nel plot, nella sceneggiatura. Durante l’amplesso invece lui ha un’erezione che non culmina in un orgasmo ma è comunque un’erezione.
Restando su questo, la parvenza di erezione raggiunta dopo, nel viaggio in macchina, pare quasi una beffa dei sensi: non si tratta di una scelta casuale, immagino… Quella nel viaggio in macchina non è una parvenza di erezione ma una signora erezione! Certo non è casuale, anche quella era scritta. Il desiderio non soddisfatto è la più grande erezione.
Al termine della scena di sesso che riveste la parte centrale del corto, si ha come l’impressione che l’uomo, dapprima violato, rimanga alla fine inerme, sedotto e abbandonato: c’è qualcosa di intenzionale in questo o è una semplice chiave di lettura possibile?
E’ vero, lui è sedotto e abbandonato. Del resto, io mi identifico con lui. Inoltre l’attore Luca Lionello gli ha conferito molta malinconia, che è una sfumatura molto bella. E anche leggermente ironica.
‘Queen Kong’ si conclude con un (non) finale aperto dal punto di vista narrativo, ma che pare concettualmente rivendicare una quadratura dell’universo femminile, lasciando invece ‘il maschio’ in una dimensione più smarrita e irrisolta: come nasce l’idea della linguaccia di Janina Rudenska e cosa possiamo ‘leggere’ in essa?
Io so che di questi tempi si fa un gran parlare (spesso anche superficialmente) di porno femminile, di sguardo femminile ecc. ma come dicevo prima, il protagonista maschile sono anche io. L’universo femminile di Queen Kong incarna il complesso, l’ambiguo, il doppio. Il protagonista maschile siamo noi tutti (uomini donne) quando ci troviamo di fronte ai misteri della sessualità. L’ansia di prestazione è sia maschile che femminile, così come lo smarrimento di fronte a un piacere che ci fa anche un po’ orrore. Come il porno a volte.
Sia Janina che Luca Lionello si sono trovati ad affrontare un ruolo insolito: è stato problematico introdurli nel mondo che lei ha creato per ‘Queen Kong’?
Abbiamo lavorato molto – sia per conoscerci e per fidarci l’uno dell’altro, sia sui personaggi e sul senso del film. Sono stati fondamentali per me, due attori grandissimi. E posso dire le stesse cose di Valentina.
Nell’opera si può a mio avviso riconoscere un ‘quid’ puramente hard nelle movenze furiose con cui Valentina Nappi ’conduce’ la battaglia sessuale: potrebbero essere gli stessi movimenti di una scena porno tout court, non fosse per il diverso contesto…detto della trasformazione ‘plastica’ a cui viene sottoposta, Valentina pare trovarsi perfettamente nella parte: avete concertato insieme il suo personaggio?
Il personaggio di Queen Kong è stato concertato molto con il prostethic make up artist Andrea Leanza (Il primo re – per dire). Insieme a lui abbiamo deciso le fattezze dei genitali e il viso ecc. Con Valentina poi abbiamo lavorato sulle movenze e sulle azioni di sesso, i liquidi ecc. Valentina è un’attrice creativa e porta molte idee sul set.
‘Io sono Valentina Nappi’ può essere visto come una sorta di documentario intimo. Come nasce l’idea alla base del film? L’idea nasce quando Valentina, dopo Queen Kong, mi ha chiesto di girare un porno-porno. E quello che mi piaceva più di tutto era l’idea di vederla finalmente senza maschera. Uno sguardo intimo appunto.
La camera segue Valentina cogliendo la quotidianità di ogni piccolo gesto, secondo quella ‘estetica del pedinamento’ che nella prima parte del film vive di contrasti:
– da una parte il ‘taglio’ documentaristico, dall’altra i colori forti e antinaturalistici degli interni…
– da una parte il silenzio in cui si muove Valentina, improvvisamente rotto dal fiume dei versi della musica…
Tutti elementi che ‘creano’ una storia: anche in questo caso le chiedo, come sono maturate le scelte registiche che caratterizzano la prima parte del film?
A differenza di Queen Kong dove tutto era scritto e pensato, ISVN non partiva con molte scelte se non quella di riprenderla senza darle alcuna indicazione, di andare a braccio, di lasciare che Valentina si muovesse come si sentiva (ovviamente in uno spazio scelto ad hoc). Ho già detto che Valentina è un’attrice che porta molte idee quindi mi fidavo anche di noi due messe insieme: io che la guardo e lei che si lascia guardare. Non a caso volevo essere io in macchina e nessun altro sul set. Con la scenografia e la luce abbiamo allestito tutto prima per poi lasciarci libere di girare senza ostacoli e senza interruzioni.
Durante la scena di sesso, Valentina assurge a vera e propria ‘femmina alfa’: in questo senso la tipologia di performance ed i relativi tempi, morti e non, sono stati decisi ‘a tavolino’ oppure è stata lasciata ‘autonomia decisionale’ agli attori?
Totale autonomia decisionale agli attori. Ho solo chiesto loro di non guardare in macchina e di non performare sessualmente per la macchina (fin dove era loro possibile)
Il rapporto luci/ombre riveste importanza fondamentale anche nella seconda parte del film, infatti il rapporto sessuale avviene in prossimità di una forte illuminazione che rende il sesso quasi al centro di una scena teatrale…
Bello eh?! Ed era solo una striscia di led. Fotografia di un grandissimo Sandro Chessa.
Una curiosità: per decidere la regia della scena ‘hard’ ha fatto tesoro di una qualche ispirazione o ha gestito il tutto seguendo esclusivamente una sua logica visiva ed emotiva?
Logica emotiva. L’ispirazione poi è fatta di accumuli di immagini interiorizzate.
Vorrei concentrarmi in particolare su due aspetti:
– equa ripartizione tra ricerca dei volti/dettagli delle penetrazioni (con predilezione per i primi)
– cumshot maschile ripreso da media distanza (al minuto 32:20 circa) anziché in modo ravvicinato
queste soluzioni rendono, secondo il mio modo di vedere, la sua regia dotata di una cifra stilistica che la distingue dalla modalità con cui la medesima scena sarebbe stata girata da un regista ‘solo’ hard. Mi dica: nel fare le riprese ‘porno’ di ‘ISVN’ c’è stata la volontà di distinguersi dai video hard comunemente intesi?
Non proprio anzi, io avevo l’ansia di fare una cosa mai fatta prima, ovvero di rispondere ai tempi di un film hard – di permettere allo spettatore di eccitarsi. Ma me ne sono altamente fregata della grammatica base del porno (dettaglio del cumshot o più dettagli sessuali). In questo senso credo che il porno sia molto più vasto e più libero delle sue norme. A me piacciono i lavori che sorprendono, che ti portano fuori dalla confort zone. Persino quella del porno.
‘Le Ragazze del Porno’ si propongono – mi corregga se sbaglio – di realizzare dei film ‘porno d’autore’: con quali accorgimenti secondo lei – registici, attoriali – un film pornografico può definirsi ‘autoriale’? Con più soldi, o anche solo con più tempo, urgenza e creatività.
La possibilità di un porno ‘pensato e filmato’ da donne, oltre che interpretato, trova in diverse realtà una soluzione interessante. Mi vengono ad esempio alla mente i lavori di Ovidie o Erika Lust: apprezza questo tipo di produzioni?
Apprezzo alcune cose altre no. Mi piace la visione di un singolo autore, non tanto le operazioni di marketing.
Più in generale, che genere di porno guardano ‘le Ragazze’?
Di tutto, credo. O forse meno di quanto s’immagini.
E che opinione ha lei del ‘mondo porno’ contemporaneo, inteso non solo nel suo aspetto realizzativo ma anche distributivo (websites a pagamento in primis)?
La stessa opinione che ho del cinema: generalmente parlando le produzioni grosse, “mainstream”, sono meno coraggiose e sperimentano meno. Però ci sono moltissimi indipendenti che hanno più spazio e visibilità.
Quali sono i programmi per voi ragazze, cosa ‘bolle in pentola’ per questo 2019?
Le ragazze del porno si sono sciolte più di un anno fa. Non avevamo speranza di trovare dei finanziamenti appunto, quindi ognuna di noi si muove in modo indipendente, anche dal gruppo. Io ad esempio sto lavorando a un nuovo film che non usa linguaggio pornografico. Lidia Ravviso invece vive a Londra e collabora con Erika Lust. Anna Negri ha diretto alcune puntate di Baby. Regina ha fatto un bambino e ha ricominciato a fare l’attrice (Amici come Prima con Boldi e De Sica). Ci siamo sparpagliate.