Intervista a Sarah Slave

Comincerei chiedendoti questo: la tua identità nominale reca la parola ‘slave’, il che fa pensare che tu ti riconosca in ambito BDSM come schiava sempre e comunque… è davvero così oppure possiedi anche un’indole da mistress?
In realtá l’appellativo “slave” rimanda a quelle che sono le mie origini nel BDSM. Quando ho iniziato a muovere i miei primi passi in questo ambiente l’ho fatto come slave, ma adesso mi definirei una switch fatta e finita.

Riprendendo un concetto di Gilberto Borzini – e restando sullo stesso argomento – potremmo fare una contrapposizione tra chi, fondamentalista della psiche, si pone in modo unilaterale come persona tutta d’un pezzo e chi accetta se stesso e l’idea di avere molteplici personalità in base ai propri stati d’animo. Relativamente a questo concetto dunque le identità di una stessa persona in ambito BDSM possono essere mutevoli. Qual’è la tua opinione in proposito?
Ovviamente essendo una switch per me è ovvio e scontato che in un percorso personale ognuno di noi scopra diversi lati di sé e col passare del tempo impari a gestirli e modularli sempre meglio in base alle situazioni e alle persone che di volta in volta si andranno ad affrontare.

Sarah tu sei anche pornoattrice se non vado errato: quali sono state ad oggi le tue esperienze nel settore, che opinione hai dell’universo hard in base al tuo percorso?
Da quando ho iniziato il mio percorso ho girato delle scene per Leonardo Conti che andranno in onda su una web tv che si chiamerà Love Channel e che partirà a breve; ho girato per kinkitalia e per delle produzioni inglesi tra cui la più conosciuta è fake taxi. Direi che per le poche esperienze che ho avuto più che definirmi porno attrice mi definirei “apprendista”. Per diventare pornstar a mio avviso bisogna avere 3 doti fondamentali:
– la passione per il porno
– il talento
– il coraggio di perseguire il proprio sogno
La mia strada è ancora all’inizio ma spero che un giorno l’appellativo pornostar sia quello che più mi si addica.

Parliamo ancora di hard. Alcuni performer coinvolti nell’universo BDSM e nelle sue pratiche sostengono che non sono capaci – o non provano nulla – nell’interpretare sul set una sessualità intesa nel senso più comune e inflazionato del termine. Tu da pornoattrice accetti solo performance ‘slave oriented’ se mi passi il termine, oppure acconsenti a girare anche scene più generaliste?
Io vivo la mia sessualità a 360 gradi…quindi accettare di girare solo scene nell’ambito BDSM per me sarebbe molto riduttivo perché, in primis, la mia sessualità va oltre l’essere slave o Mistress, nell’ambito lavorativo accetto tutto ciò che mi sembra divertente e costruttivo.

Guardando i tuoi video per KinkItalia.tv ho avuto l’impressione che per te in quanto slave l’eccitazione consista nel ‘consegnarsi’ fisicamente e psicologicamente alla mercé di un master: la beatitudine sembra coglierti come per una sorta di annullamento mentale, di vuoto, di mancanza di scelta. Raccontami: è una mia impressione soggettiva oppure ‘c’ho visto giusto’?
Direi che “c’hai visto giusto” . La sensazione che più mi appaga nel ruolo di slave è proprio quella di potermi abbandonare dovendo solo eseguire quello che mi viene fatto senza avere la responsabilità di pensare se quello che sto facendo sia giusto o sbagliato.

Da interessato al settore nelle sue implicazioni psicologiche mi son sempre chiesto se e quanto un’esperienza intensa e totale come quella di una sessione BDSM possa lasciare traccia in chi la sostiene. Ripensa alla prime volte in cui hai preso parte ad una sessione: cos’hai provato ‘dopo’, le vibrazioni ti sono rimaste addosso in modo maggiore rispetto ad quelle di una sessualità per così dire ‘standard’?
Una sessione Bdsm, per quanto mi riguarda, lascia delle sensazioni a posteriori che sono molto più intense di quelle lasciate da un rapporto standard…ingrediente fondamentale perché questo avvenga ovviamente è il trasporto che c’è tra le due o più parti. Il ricordo che ho delle mie prime sessioni è quello di un viaggio introspettivo…sessione dopo sessione scoprivo qualcosa di nuovo della mia personalità e non parlo solo della sfera sessuale ma anche di quella personale.

Io dico che l’erotismo è, per forza di cose, un ‘sentire’ che parte anzitutto dalla testa. Se sei d’accordo con me ti chiedo: non ritieni che il sesso così com’è fatto e rappresentato nel porno pecchi spesso – non sempre – di mancanza di pathos e sia un po’ svilito in maniera simile ad un esercizio ginnico?
In realtà no…come ho detto prima per fare porno una delle caratteristiche fondamentali è il talento. Chi fa porno spesso sono persone che hanno una sessualità molto sviluppata…sul set semplicemente uniscono il loro talento e la loro passione al loro lavoro.

Negli ultimi anni certa produzione letteraria di fin troppo largo consumo e alcuni film hanno contribuito a rendere la visione del BDSM molto semplicistica. Secondo te chi è che ‘ne esce peggio’ da questi libri e film, il master/mistress o la/o slave?
Penso che non ci sia qualcuno che ne esca peggio di un altro, ma che sia tutta la categoria a venirne danneggiata.

Per finire ricollegandosi a quanto chiesto sopra, quali sono invece le letture e le visioni che rendono una corretta visione del rapporto dominante-dominato che ti senti di suggerire?
Fermo restando che il modo migliore per conoscere l’ambiente Bdsm sia partecipare a feste, play party e munch, se dovessi consigliare una lettura consiglierei “BDSM guida per gli esploratori dell’erotismo estremo” di Ayzad. Per quanto riguarda i film mi hanno colpito molto “Tokyo Decadence” di Ryu Murakami e “l’odore del sangue” tratto dal romanzo omonimo di Goffredo Parise.

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