I Segreti Di Moana – Recensione

Ripensare a Moana. Celebrarla, ricordarla, nell’estremo tentativo di restituirle anima e corpo ancora una volta, tanta è la mancanza di lei e la voglia di negare la sua assenza. O forse solo ricostruire la sua vicenda umana e professionale in modo pacificato, rispettoso, con un sorriso complice a amaro perché dettato dalla consapevolezza di rievocare un qualcuno che se n’è andato per sempre, portandosi con sé un’epoca intera. O ancora, semplice utilizzo dell’innegabile potere commerciale del marchio ‘Moana’…quale che sia stato l’intento di Riccardo Schicchi nel dare vita al progetto ‘I Segreti di Moana’, film risalente al 2009, mi lasciò l’amaro in bocca quando lo vidi per la prima volta e tale amaro è rimasto a tutt’oggi.
Ma andiamo con ordine. ‘I Segreti di Moana’ è un vero e proprio mockumentary, ambizioso lungometraggio di quasi tre ore di durata nella sua versione originale (girato sia in veste soft che hard) in cui Riccardo ci narra in prima persona il suo ricordo di Moana a partire dagli esordi della sua esperienza nel porno. Lo fa attraverso brevi monologhi o capitoli, per meglio dire, inframezzati da lunghe ricostruzioni sceniche di quanto raccontato in precedenza. Documentario e film, dicevamo: sono queste le due tipologie narrative adottate per creare una sorta di ‘biografia sentimentale’ nella (disperata?) ricerca di comunicare chi è stata Moana, anzi ‘che cosa’ è stata ed ha significato. Schicchi, con quel suo sorriso svagato e l’aria talvolta assorta, parte col rievocare ‘i fatti storici’ che ci fanno entrare in un misero set, ’teatro’ della prima volta porno di Moana quand’ancora non era Moana, per poi perdersi un po’ indugiando più volte sul suo ‘essere esagerata sempre e comunque’: ecco allora i ‘gossip moments’, le incursioni nelle sue amicizie intime, nei suoi amori politico-artistico-industriali, per poi tornare a parlare dei film e degli spettacoli. Il ‘diario di una vita’.

Riccardo Schicchi racconta…

Ma la domanda è lì, urgente e inevitabile: chi è che interpreta il ruolo di Moana? Lui, ‘l’uomo che amava le bionde’, ha scelto Vittoria Risi, che è bionda come Moana, ha un fisico prorompente come la Moana ’tanta’ dei tempi della ribalta, ma di quest’ultima manca forse del carisma, a parere di chi scrive.
Chiariamo un concetto: le interpretazioni hard di Moana Pozzi hanno diviso e dividono a tutt’oggi gli appassionati, c’è chi la vede come ‘regina’ dell’erotismo e chi come l’antitesi della sessualità. A questo proposito lo stesso Schicchi ha dichiaro che Moana e Cicciolina ‘erano due disastri. Ma all’epoca non era importante. La gente aveva voglia di pornografia e loro erano i personaggi più giusti per dargliela.’

Vittoria Risi è…Moana

A mio modo di vedere esistono due Moane: quella dei film, spesso svogliata, indisponente o non partecipe durante le scene hard, e quella creatura stupenda e magnetica che catturava lo sguardo degli uomini ai suoi spettacoli o durante gli show televisivi. Questo per dire che Vittoria Risi, qui convocata ’nel ruolo di’, non pecca per mancanza di qualità della sua performance. Semplicemente si tratta di un ‘peccato originale’, ovvero nessuna ieri, oggi e domani potrebbe essere presa in considerazione nell’ipotetico ruolo di una Moana Pozzi, in quanto Moana sapeva essere unica sempre, sia nel bene che nel male, sia che stesse ‘concedendo’ una scopata all’attore di turno con fare annoiato e distaccato, sia quando si dava davvero, sorridente, al suo pubblico dal vivo.
Chissà se Schicchi ci ha pensato, quando s’è apprestato a girare questo film. Chi scrive glie l’avrebbe chiesto volentieri…tornando al film, ecco che arriva dritto come una ‘spada nel cuore’ un altro difetto, a mio avviso non da poco. Ovvero, le ricostruzioni dei ‘momenti’ di intimità di Moana con i vari amanti di turno. Per queste scene Schicchi interrompe la sua narrazione per concedere (troppo) spesso il dialogo agli attori/performer, producendo momenti abbastanza goffi e poco credibili perché ‘recitati’ con approssimazione, sia quelli in presa diretta che quelli affidati al doppiaggio. Certo non stiamo qui a pretendere il metodo Stanislavskij, ma che diamine, un minimo di consapevolezza. Invece no, il primo a (non) recitare è proprio lui, Riccardo, che finché si tratta di raccontare è un asso e staresti lì a dirgli ‘continua, ne vogliamo di più’, quando però deve ‘interpretare se stesso’ in ufficio, alle prese con le telefonate delle modelle, si ritaglia un ruolo di involontaria autoparodia.

Gli ‘incontri’ di Moana

Ma dopotutto, mi si dirà, parliamo di un film porno: e allora come si scopa in questo film? Fin troppo bene. Nel senso che le scene hard hanno il piglio qualitativo della contemporaneità, risultando dunque lontanissime da quelle che erano le scene originali, quelle dei tempi di Moana. Sicché il film non è fedele ricostruzione neppure dal punto di vista sessuale, giacché i tempi ed i ritmi esasperati degli amplessi tutto fanno tranne che ricordare ‘il porno ai tempi della Pozzi’. Forse Riccardo e lo staff tecnico avrebbero potuto, lo dico con tutta l’umiltà del mondo, adottare un invecchiamento delle immagini per conferire al ’testo’ quel gusto vintage tale da riportare lo spettatore ai 35mm, a quei colori, quelle esperienze di visione. Va detto per altro che nel film qualche ‘effetto grafico’ accattivante c’è in apertura dei momenti di flashback, quindi perché non ’sporcare’ un po’ la nitida freddezza del supporto video per farci ritornare alla gloria della pellicola?
‘I Segreti di Moana’ è stata un’occasione mancata, a mio modo di vedere. Fatto salvo il racconto ‘umano’ di Schicchi, che nella sua imperfezione e nelle sue ripetizioni concettuali ci rovescia addosso tutto il suo affetto per il soggetto (e l’oggetto) Moana, il resto è un film trascurabile, sbagliato nelle soluzioni visive così come nello ’spirito’, giacché della Moana non s’avverte nulla da nessuna parte. Manca il suo sguardo indolente così come i suoi sorrisi ammalianti, mancano ‘i maschi di allora’: le erezioni dei nerboruti performer maschili, anonimi corpi inutili e fuori luogo, sono erezioni da manuale, perfette, senz’anima, lontane anni luce dalla classe e dal ‘grandeur’ canagliesco di interpreti quali Christoph Clark, Gabriel Pontello, JP Armand o dello stesso Rocco Siffredi.
Sapete cosa manca in questo film? Manca la magia. Già, perché se si decide di fare un film su maghi e principesse bisogna, in mancanza degli originali, munirsi quantomeno di copie attendibili…se ce ne sono. Forse oggi magie non se ne fanno più, e allora quando i sogni son finiti è bene che rimangano tali, senza tentare di riesumarli.

I Segreti di Moana Parte 1 e Parte 2