Lo shock visivo è una forma di comunicazione con cui il cinema si è sempre confrontato. Cosa è possibile mostrare e quali i metodi più efficaci per farlo? Questa in sintesi la domanda che da sempre si pongono gli Autori della Settima Arte, almeno quelli che hanno fatto della loro carriera una ricerca audace di linguaggi sempre più provocatori e radicali con cui esprimersi e raccontare storie.
A questo proposito va detto che il film porno si pone, fin dai suoi esordi, come esercizio di ‘estrema’ libertà. Una libertà ricercata ed esercitata mettendosi a nudo sia fisicamente che in maniera cerebrale, giacché mente e corpo sono strettamente legati nel loro agire/pensare. Può capitare – ed è capitato – che i personaggi di un porno abbiano goduto anche di un certo spessore psicologico oltre che dell’inevitabile ‘grandeur’ fisico: in questi casi il coraggio dei registi si è spinto ad inserire nel film lievi riferimenti al mondo interiore nei suoi tratti più ambigui e problematici, rappresentati tramite una sessualità esibita come metafora di un comportamento, di un’abitudine sociale, di una dimensione morale.
Il porno è, per certi versi, una ‘zona franca’ in cui i tradizionali generi cinematografici possono incontrarsi (o scontrarsi) in modo trasversale: la leggerezza di una scopata può far da contraltare ad una svolta drammatica, l’intrattenimento di una performance può convivere con un contesto ‘horror’ e così via (parliamo, chiaramente, di cinema hard dotato di una trama).
Perché in fondo, chi fa porno ricerca l’effetto shock, inserendolo – si spera – con disinvoltura in contesti narrativi di vario genere. Porno significa anche ’Sfida’: e quale è sfida più grande di dotare di senso una vicenda in cui la sessualità si esplica in scatologia? E’ quanto accade nel nuovo film di Andy Casanova, in cui verrà narrata la storia di una donna oppressa da una forma patologica che lega l’eccitazione alla defecazione. ‘Per me è, appunto, una prova, una sfida – ha dichiarato il regista – del resto mi è stato spesso fatto notare che lo stile dei miei film è legato alla tradizione, ad un’idea di porno ‘classico’ se vogliamo. Ho voluto in quest’occasione imprimere una svolta estrema alla storia, senza tuttavia dimenticare il contesto romantico: infatti nel film nasce pur sempre una love story’.
Ma andiamo per ordine: il progetto di cui pariamo nasce da un’idea di Leonardo Conti, noto attore porno a partire dai primi anni Duemila, divenuto successivamente regista e ideatore della piattaforma Love Channel. Conti è anche parte integrante del cast del film, in cui il ruolo femminile è stato affidato a Sarah Slave, attrice e performer internazionale di hard estremo che i più attenti conosceranno senz’altro per le sue scene fetish/bdsm e non solo. E’ Sarah il fulcro visivo e narrativo attorno a cui ruota la storia, la vedremo in una scena di scat e pissing che – ricorda Andy – ‘trova piena giustificazione nel contesto narrativo. Non si tratta insomma di una performance fine a se stessa, anzi: l’estremismo dello scat rappresenta la natura ossessiva della mania da cui è affetta la protagonista’.

Volendo andare a ritroso nella storia del cinema, vediamo come la presenza fecale all’interno di film d’autore sia stata adottata più volte per contesti grotteschi o drammatici: basta ricordare il caso eclatante e volutamente shockante del ‘Salò’ pasoliniano, in cui le feci sono esibite a mo’ di forzatura narrativa e rappresentazione simbolica di una violenza storica. Ma pure ne ‘La grande abbuffata’ di Marco Ferreri ‘la popò’ entra prepotentemente nella trama, pur senza manifestarsi: abbiamo un Ugo Tognazzi che, avendo lo stomaco vittima della esagerazione alimentare volutamente ‘suicida’ dei protagonisti, esclama disperato ‘Questa merda ci sommerge!’. Una rapida escursione nell’arte a tutto tondo ci ricorda la spiazzante provocazione dei barattoli della ‘Merda d’artista’, opera di Piero Manzoni datata 1961 sospesa tra divertissement e polemica provocazione sulla oggettiva mancanza di consistenza dell’arte contemporanea.

Non deve stupirci dunque il fatto che lo scat – tornando a parlare un linguaggio ‘hardcore’ – sia da tempo un sottogenere in cui certo porno si è cimentato (da ricordare, solo per restare in Italia, alcune pionieristiche scene nei film di Marina Frajese degli anni 80). Elemento di novità del film di Casanova è, piuttosto, il fatto che la presenza di una scena di defecazione sia, come già detto, rispondente alle esigenze della storia narrata. ‘In questo modo la scena, già estrema di per sé, diventa forse ancora più difficile da sopportare se uno non è abituato – considera Andy – perché non è solo la performance ad essere ‘forte’, ma la storia nella sua totalità è un’esperienza intensa e, appunto, estrema anche dove non c’è hard da vedere. E comunque c’è un vantaggio…- conclude Casanova con ironica leggerezza – se qualcuno mi dirà che questo è un film di merda, non potrò certo dargli torto!’