Argomentare sul bdsm con Mistress Claire Delacroix è un’esperienza formativa, affascinante ed esauriente. Claire declina nel modo più edificante quel mélange di preparazione teorica e conoscenza pratica che dovrebbe, mio avviso, essere nucleo fondante per ogni Domina degna di questo nome. Non solo: la sua cortesia, la sua disponibilità ad affrontare in maniera critica tutti i vari aspetti di questo vasto universo la rende un soggetto estremamente piacevole e di assoluta affidabilità. La nostra – che abita per lo più in quel di Bristol – vanta una caratura internazionale ed una consapevolezza preziosa per quanto riguarda le tipicità del mondo bdsm italiano e non. Forte di questa sua autorevolezza, è stato per me un vero piacere consultarla riguardo alla sua identità di Mistress e a tutto quanto ruota attorno ad essa. Propongo quindi questa intervista, ringraziando Claire per la sua onestà e arguzia intellettuale: una vera Domina si riconosce anche da questo.
Claire Delacroix: un nome ‘classy’ che evoca raffinatezza e aristocrazia, come del resto si evince dall’estetica che traspare dal tuo sito web e dalla presentazione che fornisci di te stessa in quanto Dominatrice. Possiamo dire allora che la raffinatezza è ciò che contraddistingue il tuo essere mistress?
Caro Alessio, raffinatezza ed eleganza dovrebbero essere le doti più alte che una donna dominante ha. La raffinatezza in particolare è una grande virtù, che si contrappone alla volgarità, e il BDSM è arte della Dominazione. Va da sé che arte e raffinatezza hanno una profonda liaison, quindi reputo che una Dominante degna di questo appellativo dovrebbe senz’altro dimostrare grande raffinatezza, dal modo in cui è abbigliata a quello in cui si rivolge ai suoi sudditi, alla maniera in cui svolge le sue pratiche. Io mi ritengo una persona raffinata per natura e mi piace far emergere questa caratteristica che, purtroppo non molto diffusa, fa la differenza, nonchè eleva chi la possiede ancora più in alto sul piedistallo che separa il dominante e il sottomesso nel loro rapporto D/S.
Tu e il BDSM: chi ha cercato chi?
Questa è un buona domanda: io ho sempre cercato la trasgressione, le emozioni, l’intensità, e un giorno mi sono imbattuta nel BDSM, anzi, lui è venuto a bussare alla mia porta in maniera inaspettata!
Io sono originaria del nord-est Italia e notoriamente da noi tutte le mode e le conoscenze sono sempre arrivate con del ritardo. Poi parliamo di una quindicina di anni fa, quando molti temi erano ancora tabù o conosciuti davvero superficialmente, quindi non ero al corrente di che cosa fosse una dominatrice o mistress o di che cosa fosse il BDSM, nè delle pratiche che rappresentava. Ma un mio carissimo amico, un giorno durante una cena a casa mia, mi propose di provare delle cose diverse assieme, e la mia attrazione per tutte le cose non canoniche e non socialmente accettabili venne allo scoperto. Così iniziammo dallo spanking e finimmo con lo strapon, pratica che ancora oggi mi affascina come allora e mi trasmette quel senso di potenza e controllo.

Sappiamo che questo universo è molto vasto e prevede svariate pratiche che spaziano da una dimensione più cerebrale ad una più specificamente fisica. Parlando del tuo percorso, tu con quali pratiche hai sviluppato familiarità fin dall’inizio e quali, invece, hanno rappresentato uno step raggiunto con l’esperienza?
Sicuramente il BDSM parte dalla testa, quindi imparare a sedurre e dominare attraverso quella è senz’altro il primo step. Tutte le altre pratiche sono solo una spontanea e letterale “messa in pratica” della dominazione e credo che ogni mistress abbia fatto un percorso personale attraverso esse e abbia deciso quali le si confanno di più e quali no. Dico questo perché non tutte le mistress fanno tutto, ed è importante che ciascuna rispetti sé stessa e i propri limiti. I miei limiti sono sempre stati ampi, ma anch’io ho cominciato dall’inizio, e le fruste, accompagnate da tutte le punizioni corporali, sono state tra le mie prime pratiche, così come l’anal play. Assimilate quelle ho cominciato a spaziare tra cose più complesse ma che esercitavano una uguale attrattiva, che è tutto il mondo del clinical o medical play, e così ho scoperto che adoro giocare col sangue. Da lì mi sono espansa verso il toilet play, dove però l’ultima pratica ad aver introdotto nella mia carriera, per pudore e un’iniziale incomprensione della poesia sottostante, è stato proprio lo scat, ovvero il gioco con le feci.
A dire il vero non ci si ferma mai con la sperimentazione e con l’imparare, e io, che sono una persona curiosa, ho trovato nel trasferirmi in Inghilterra un forte stimolo a portare la mia conoscenza ancora più all’estremo, e so che c’è ancora molto da imparare e questo mi emoziona continuamente. Se pensassi di aver imparato tutto, probabilmente appenderei la frusta al chiodo, per noia.
Una sessione BDSM è a mio avviso una ‘zona grigia’ in cui coesistono vari fattori la cui convivenza è pressoché impossibile nella vita quotidiana: piacere, dolore, dominio, libertà, gioia nella sottomissione. Ti chiedo: quali sono i requisiti fondamentali affinché una sessione possa definirsi riuscita sia dal tuo punto di vista di mistress che da quello dello slave?
Ogni sessione è sicuramente un’area grigia o una bolla spazio temporale che esula dalla vita quotidiana e che permette di vivere regole differenti e di non essere sottoposti a giudizio, se non quello di se stessi. Ogni sessione è un misto di cose e soprattutto ogni esperienza è guidata dalle aspettative di chi la richiede e dalla capacità di comprensione e interpretazione di queste ultime da parte della professionista interpellata. E’ davvero difficile dare un giudizio di riuscita a una sessione. Io posso parlare per la mia soddisfazione personale: so che in genere le persone che vengono da me, passami il termine, se ne vanno via contente, ma non sono nella loro testa e non posso conoscere il reale livello della loro soddisfazione. Ma se tornano, questo è già un indice prezioso.
Quello che rende me soddisfatta della sessione è il creare la giusta connessione, quella sensazione di unione perfetta, in cui a ogni mio preciso stimolo segue la risposta che io voglio, ed è come se fossi un tutt’uno con lo schiavo che ho davanti: lui sente me e io sento lui, ed entrambi alimentiamo queste emozioni in una spirale di incrementale intensità ed emozione. Ci sono momenti in cui i muri e gli strumenti attaccati alle pareti spariscono, e ci sono solo i miei occhi e i suoi occhi, e i miei dicono “non serve che ti dica chi comanda, chi ha il controllo, perché lo sai bene” e lui coi suoi annuisce, lasciandosi andare e perdendosi nell’emozione che io gli trasmetto. Ecco, quando arrivo a quel livello di profondità e complicità e controllo, allora si, sento la soddisfazione che mi pervade e tutta la sessione diventa come una danza che aumenta di ritmo in un crescendo che culmina alla fine con i due ballerini esausti, svuotati di energie, ma colmi di emozioni, sia che esse siano in forma di lacerazioni sulla pelle, o che siano soltanto l’aver adorato i miei delicati piedini con avarizia, fino al culmine della gioia sperimentabile, col corpo e con la mente. Spero di aver reso l’idea.

Una domanda un po’ psicoanalitica. In termini freudiani, l’Es è il luogo interiore tendente all’incondizionato soddisfacimento delle pulsioni, il Super Io è istanza di divieto morale – e quindi di censura – mentre l’Io è la dimensione mediatrice tra le pulsioni e i modelli da perseguire nella sfera personale e sociale. A tuo avviso, una persona dotata di eccessivo autocontrollo e quindi refrattaria a far emergere in superficie i suoi aspetti più nascosti è ugualmente adatta ad una sessione? La mistress può aiutare in tal senso?
Altra ottima domanda. Ci sono persone con forte autocontrollo, quindi con un Super Io controllore, che comunque provano desideri di sottomissione, ma faticano per l’appunto a cedere le redini a qualcun altro. Me ne capitano, e più spesso di quanto immagini. Queste situazioni per me sono molto divertenti perché sfidanti e perché, mentre altre persone “consce del proprio ruolo” – così vengono spesso definiti i sottomessi – quando varcano la mia porta si sentono e si comportano già come dei sottomessi, gli altri invece arrivano provocando e allora si instaura la sfida, perché segretamente loro vorrebbero lasciarsi andare, ma non sanno come fare. In questo caso io devo cogliere la sfida, ma anche rassicurarli del fatto che con me sono al sicuro e che io mi prenderò cura di loro lungo questa esperienza, e li accompagno gradualmente nel processo di “rilascio delle proprie emozioni”, cosa che alle volte avviene rapidamente, altre con difficoltà, altre ancora non avviene proprio, ma rappresenta comunque un primo passo in quel processo a mattoncini che è il rilascio. Spesso è proprio con queste persone che, quando riesco a penetrare dolcemente il loro cervello e a farmi dare fiducia, ottengo le esperienze più incredibili e intense, perché quando rompo quelle barriere trovo tanto “inespresso” che non attendeva che di uscire, e diventa una valanga di emozioni, che sta a me canalizzare nella giusta direzione.
Tu hai un’esperienza e una competenza internazionale in ambito BDSM in quanto risiedi da anni principalmente a Bristol. Rispetto all’Italia, come differisce la tua utenza in termini di quantità e qualità?
Devo dire che trasferirmi qui a Bristol e confrontarmi con l’Inghilterra mi ha dato modo di aprire veramente la mente, sotto diversi aspetti. Trovo ci siano molti luoghi comuni, come quello che inglesi e tedeschi facciano molto più BDSM di noi italiani. Dalla mia esperienza non mi sembra che i numeri siano superiori, anzi, credo che l’utenza sia maggiore per volume in Italia. Vorrei anche sfatare il mito che le pratiche siano più estreme, in quanto chi conosce il mondo BDSM sa che la percentuale dei clienti davvero masochisti sono minime (l’1% a voler essere larghi di manica!). Quello che invece ho trovato diverso qui all’estero è la serietà con cui le pratiche estreme vengono eseguite, nel senso, quando parliamo di clinical, parliamo di studi attrezzati con sale mediche che in Italia nessuna Mistress e nessun dungeon possiede, e intendo dall’attrezzatura alla serietà delle pratiche che vi si possono svolgere. Ad esempio in Inghilterra si usa molto l’anestesia in generale e la stessa applicata a certe altre pratiche. In Italia non conosco nessuna dominatrice che sappia somministrare un’anestesia. Qui in Inghilterra, grazie alla liberalizzazione di certe sostanze, nelle sessioni viene fatto largo uso di sostanze come popper, gas esilarante (tecnicamente ossido nitroso), che sono sostanze che bisogna saper maneggiare e somministrare, e sapere con che pratiche si combinano. In Italia queste sostanze sono illegali (credo entrambe) e ad ogni modo le persone non saprebbero somministrarle. C’è anche una vera e propria cultura legata al latex che in Italia non si è mai dimostrata forte e radicata come qui. E devo dire che gli studi BDSM che ho avuto l’onore di visitare, soprattutto a Londra, hanno dell’incredibile e sono dei “paesi dei balocchi” per qualsiasi dominante. Anche solo lo studio con cui collaboro a Bristol, House DuCroix, è davvero attrezzato in maniera incredibile e ricrea un’atmosfera che è perfetta per trasportare chiunque in una dimensione di sottomissione appena vi si varca la soglia.

Entriamo nello specifico delle pratiche. Tu presenti una vasta offerta capace di trasportare sul piano reale ogni desiderio contestualizzabile in ambito BDSM. Parlando di te, quali sono le pratiche che preferisci, ovvero quelle in cui anche tu riesci a provare piacere al di là dell’abitudine?
Sono contenta che tu me l’abbia chiesto, perché questa è una domanda molto ricorrente da parte degli schiavi. Sono certa che alcune mistress siano attratte più da alcune pratiche di altre o alcune siano famose per una particolare pratica. Nel mio caso invece, ci sono state delle pratiche che mi hanno fatta avvicinare al BDSM, ma oggi più che il focus su una particolare pratica, il mio focus è sulla Dominazione, in qualsiasi modo essa avvenga: questo significa che il bello del gioco sta proprio nel momento e in quello che il sottomesso che ho di fronte mi ispira o inconsciamente mi chiede attraverso il suo corpo, ed è in quel momento che non ha importanza se lo sto schiaffeggiando, se gli sto consentendo di adorare un piede, o lo sto inebriando con la mia pioggia dorata, ma conta l’intensità dell’atto, il suo sentire appieno la sottomissione e il mio essere in grado di percepire tutto questo.
Se proprio vuoi una risposta canonica, le pratiche che più mi hanno attratta in partenza, e per cui ancora riservo un posto speciale nel cuore, sono le punizioni corporali e l’anal play, da cui fruste e strapon i miei giochi preferiti. Però dopo un primo approccio con queste le mie esplorazioni non sono mai terminate, anzi, il clinical o medical play mi ha riservato molte soddisfazioni, ma l’importante è che tutte queste pratiche vengano poi orchestrate nella maniera corretta durante il momento del gioco, e soprattutto in accordo e con il consenso di chi vi partecipa. Ho avuto anche inaspettate soddisfazioni in sessioni che coinvolgevano pratiche in cui inizialmente non mi sentivo molto ferrata, come il tickling o solletico, se svolte con persone che sentivano quelle pratiche come affini. Insomma ogni momento di gioco è diverso se fatto con persone diverse, che reagiscono diversamente a pratiche differenti. Quindi mi piace la pratica che in quel momento meglio si adatta al tipo di dominazione in corso e al tipo di persona. Credo che questo sia il connubio più esplosivo e più soddisfacente per tutti gli attori in gioco.
Esiste tutta una branca di pratiche in cui la resistenza mentale dell’utente viene messa a dura prova (parliamo di deprivazione sensoriale declinata in vari aspetti). Fermo restando il consenso preventivo di colui che vuole provare questo tipo di esperienze, può capitare a chi richiede queste sessioni di ‘sopravvalutarsi’ per così dire, non conoscendo i propri limiti mentali? In questi casi, la mistress riesce a prevenire eventuali problematiche emotive inaspettate fissando dei ‘confini’ oltre i quali non spingersi?
Vorrei partire dicendo che ogni pratica o sessione può mettere a dura prova chi non è realmente preparato per quel tipo di esperienza, quindi non si parla necessariamente di deprivazione sensoriale, ma anche una sessione di punizioni corporali può essere altrettanto forte e far passare lo schiavo da uno stato mentale di eccitazione a uno stato di paura e disagio in un attimo. Esiste un’evidente discrepanza tra l’immaginazione legata ai propri desideri e la realtà, e molte volte vedere dei video di pratiche BDSM crea forti illusioni. Ho avuto esperienza di diverse persone venute da me chiedendomi di replicare video o pratiche viste online che non avevano mai sperimentato in prima persona, per poi bloccarmi e capire che erano esperienze troppo forti per loro. In alcuni casi si è interrotta la sessione, in altri si è rimodulata l’intensità del gioco, sempre dopo una condivisione di quello che stava succedendo. Ad ogni modo ci sono dei ‘confini’ su cui io per esperienza mi sono settata e so che oltre quelli il gioco si fa pericoloso e può ledere seriamente il sottomesso, sia in senso fisico che emotivo, per cui arrivata ad un certo livello sono io stessa a bloccare il gioco o a non crescere di intensità anche se mi viene richiesto. E questi limiti si acquisiscono grazie alla sensibilità e all’esperienza.

Vorrei soffermarmi su alcune branche ‘estreme’, il Clinical e Medical Play. Sbaglio nel dire che sono necessarie almeno delle cognizioni mediche di base per mettere in pratica questo tipo di sessioni?
Qui ci sono almeno due cose da dire: per primo, le Mistress non sono dottori e pochissime tra loro hanno cognizione di concetti medici e di funzionamento del corpo. In seconda battuta, gli schiavi o clienti non arrivano con una cartella clinica vidimata dal loro dottore. Questo fa si che si lavori nell’incertezza e sulla fiducia di quel che ci viene riportato. L’unica tutela o esplorazione che faccio io è, quando incontro uno schiavo per la prima volta, l’introduzione di alcune domande con un breve colloquio che mi serve per capire qual è il raggio di azione in cui andrò a operare nella sessione, ovvero quali pratiche sono congruenti con i suoi gusti o la sua sopportazione e quali sono assolutamente da evitare, capito questo chiedo se ci sono patologie pregresse di cui dovrei essere a conoscenza. E uso proprio questa espressione: “patologie pregresse di cui dovrei essere a conoscenza”. Quando la persona davanti a me strabuzza gli occhi alla mia domanda, cerco di spiegare meglio cosa ho bisogno di sapere, anche alla luce delle pratiche che mi immagino di svolgere. Questo credo sia il massimo che noi mistress possiamo fare per tutelare la nostra clientela. Considera però che non tutti tengono costantemente monitorata la propria salute, o talvolta non sono semplicemente a conoscenza di avere qualche patologia leggera: in quel caso mi è capitato di notare qualcosa di anomalo durante qualche sessione e suggerire una visita dal dottore. Poi quando si parla di Clinical o Medical play bisogna capire anche quanto invasive sono le pratiche che si andranno a realizzare: se parliamo di inserire due aghetti sottopelle, probabilmente questo sarà compatibile con tutti e non richiede anni di studio, ma se si parla di anestesia o somministrazione di altri agenti chimici, o di incisioni, suture, iniezioni eccetera, in questo caso bisogna fare molta attenzione e conoscere in modo più accurato possibile la salute del proprio “paziente” ed avere una buona preparazione in materia.
Dall’altro lato, tutte le Dominatrici dovrebbero avere un’idea anche solo generica di come il corpo umano funziona e sapere come evitare infezioni, quindi come pulire e conservare i propri strumenti e conoscere tutte le buone norme per la sicurezza. Ma la cosa principale resta il “buon senso”, che è quello che ti fa fermare prima di iniziare una pratica che non sai fare, su cui non ti sei documentata abbastanza o su cui semplicemente non ti senti sicura. E poi certamente, più ci si addentra in pratiche mediche, più bisogna approfondire le proprie nozioni sul corpo, perché ‘giocare’ ai dottori non e mai buona cosa se non lo si sa fare. E in Italia ci sono leggi chiare che non lasciano impuniti gli incidenti, anche se avvenuti per ignoranza.

In base a quanto ne so, gran parte delle pratiche citate sopra sono abbastanza insolite nel panorama BDSM italiano, che mi pare molto più ‘soft’ ed economicamente portato al risparmio (parlo principalmente degli utenti). Se condividi questa mia impressione, quale spiegazione potremmo trovare in proposito?
Per mia esperienza personale ci sono delle differenze tra panorama italiano e panorama britannico. Queste non differenziano molto nei prezzi e nella tendenza al risparmio che è simile nei due paesi, ma nelle pratiche e nelle aspettative si. Non c’è un abisso ma sicuramente un orientamento più soft in italia, con casi estremi più isolati, ma non ci si aspetti un gran livello di pratiche estreme nemmeno in Inghilterra: forse c’è solo più serietà e professionalità nell’eseguire il bdsm da parte delle Dominatrici, nel senso che i dungeon sono sempre molto curati e molto attrezzati, le Domine hanno anch’esse un occhio più sviluppato al dettaglio circa il loro abbigliamento, oltre che all’ambiente circostante e quindi il sottomesso in cerca di questo tipo di esperienza si aspetta un certo standard. Cosa diversa è in Italia dove molto del BDSM è svolto in ambiente domestico tutt’altro che attrezzato. E sebbene io abbia uno studio a Milano, quando mi ritrovo a girare l’Italia nei miei tour, sono costretta ad affittare dei normali appartamenti e cerco di ricreare un ambiente consono ad una sessione, cosa che in Inghilterra verrebbe letta come assolutamente dequalificante, mentre in Italia viene accettata.
Per quanto riguarda le pratiche, in Italia c’è una forte prevalenza di foot fetish, mentre in Inghilterra, al di fuori di Londra, c’è molta richiesta di anal play come pratica prima, che in Italia è comunque seconda per richieste. Per il resto si equivalgono abbastanza.
Va da sé che, per poter offrire una tale varietà di pratiche, occorra un dungeon professionale, ben attrezzato e pronto all’uso. So che tu disponi del tuo dungeon personale in Italia e ti appoggi all’House Ducroix a Bristol. Visitando il sito di quest’ultimo ho notato una organizzazione molto dettagliata di ambienti, con molte mistress ‘resident’ e altre ‘visiting’…un punto di riferimento insomma. Cosa mi puoi dire in proposito?
Corretto. Qui in Inghilterra ci sono molti dungeon professionali attrezzati che offrono la possibilità alle persone interessate di recarsi direttamente per una sessione in qualsiasi giorno e senza appuntamento. Trovo che questo servizio sia molto utile e premiante in quanto permette a chi sa di essere disponibile all’ultimo minuto di avere comunque la possibilità di una sessione, e allo studio e alla mistress che risiede nello studio quel giorno di organizzare al meglio il suo tempo, ovvero di dedicare quella giornata interamente a quello, avendo gli altri giorni liberi. Quindi la trovo una soluzione win-win. In Italia purtroppo questa risoluzione è impossibile, in quanto il proprietario sarebbe passibile di arresto per favoreggiamento alla prostituzione. Diciamo che anche in Inghilterra non è del tutto legale ma la legge offre delle scappatoie che vengono usate per l’appunto da questi studi. Ovviamente ogni Mistress ha la possibilità di utilizzare il dungeon anche in altri giorni della settimana, e il fatto di avere un dungeon attrezzato sempre a disposizione fa sì che anche le nuove leve possano usufruire di un ambiente professionale senza dover investire capitali in uno proprio. In Italia ad ogni modo ci sono dei dungeon in affitto in diverse città, anche se non vi è una Mistress sempre presente e a disposizione, se non a volte la stessa proprietaria.

Da quando il bdsm è stato – a mio avviso impropriamente – incluso come nicchia nel mondo dell’hard, sono proliferati esempi di video in cui numerose pornostar più o meno note si prestano a simulazioni di sessioni, il tutto a favore del consumatore di porno ‘strong’. Faccio degli esempi: determinate forme di punizioni corporali o i già citati Medical Play comportano delle conseguenze fisiche che un’attrice hard non può permettersi, dovendo salvaguardare al massimo il candore e la freschezza del proprio corpo per la scena successiva. Cosa ne pensi di questa strumentalizzazione del bdsm come ‘feticcio estremo’ del mondo dell’hard? Non è un po’ sdoganare il tutto in modo ‘spettacolare’ ma non veritiero?
Sinceramente ne so poco del mondo dell’hard, anche se da produttrice di video BDSM mi sto sempre di più interessando alla concorrenza. Sicuramente in tempi recenti si è creato un forte overlap tra la dominazione e il porno, e questo perché si è costituita una spirale in cui il bdsm è diventato sempre più di dominio comune e il porno si è adattato ad un nuovo pubblico includendolo, aiutando ulteriormente il suo sdoganamento. Anche se come dici tu, il porno mette in atto una rappresentazione soft del bdsm (per lo più umiliazione e bondage credo), dove l’immaginazione la fa da padrona più della realtà. Il che da un certo punto di vista è ugualmente premiante in quanto sono certa che tra le persone che idealizzano una certa fantasia e che ne ricercano materiali online, forse il 10% poi cerca una sessione reale per sperimentare quanto visto. Quindi credo che il porno in un certo senso ci abbia visto lungo e in maniera corretta. Questo però di certo non aiuta il mondo BDSM, di cui viene data un’immagine dai confini più ampi e non definiti, rispetto a un bdsm più tradizionale e maggiormente praticato professionalmente: questo diventa quindi un punto di confusione per molti futuri clienti, che si aspettano dalle Dominatrici professioniste servizi che generalmente non vengono offerti.

Per concludere, Claire, c’è chi dice che ‘mistress si nasce, non si diventa’ e chi sostiene l’esatto contrario. Una cosa è certa: al di là di tutto, mistress non ci si improvvisa. Ci vuole, credo, un training di teoria ed esperienza che potrebbe costituire un patrimonio di conoscenze ereditario. Tu ritieni che sia utile trasmettere tali valori alle nuove (troppe) aspiranti ‘Padrone’ o forse è preferibile rimanere depositarie di tutti quegli accorgimenti che servono a distinguere una Dominatrice professionista da una ‘wannabe’ (per un usare un anglicismo)?
Assolutamente d’accordo con te che Mistress non ci si improvvisa. Nascere con un atteggiamento dominante è sicuramente utile, ma poi ci vuole tanta esperienza e apprendimento, non tanto per creare una meritata reputazione, ma per evitare danni e incidenti che costerebbero molto cari a tutti, e che possono e devono essere evitati.
Per quanto riguarda il tramandare il sapere, oggi giorno sono disponibili molti workshop in tutto il mondo. In Italia ce ne sono continuamente e sulle tematiche più diverse. Ammetto che non è sempre facile venirne a conoscenza perché parliamo di una nicchia e un ambiente che rimane patrimonio di pochi. Ma se si vuole trovare qualcosa, certamente si trova usando i giusti canali e frequentando i posti a tema. Per quel che mi riguarda io ho collaborato per anni col Sadika Club di Milano, dove assieme al proprietario abbiamo anche creato la Mistress School, che era una serie di incontri dedicati alle nuove leve e totalmente gratuiti dove si dava un’infarinatura generale su cos’è il bdsm, la dominazione e le varie pratiche, ma incentrato soprattutto sullo svolgimento di queste ultime in sicurezza. Purtroppo il progetto non ha avuto il successo che speravamo. Ma questo non mi ferma dal credere che le interessate in primis debbano sentire l’esigenza di raccogliere più informazioni e poi debbano anche trovare le fonti in grado di fornirgliele.
Quando io mi sono formata, parliamo di circa 8 anni fa, il BDSM non era sdoganato quanto oggi, e ricordo che la maggior parte delle mie conoscenze le apprendevo andando agli eventi bdsm e guardando come facevano le altre Mistress, e talvolta confrontandomi con loro. Poi sono venuta a conoscenza di alcuni workshop, e a distanza di anni molti li tengo io.
Per concludere, uno dei motivi per cui amo il BDSM è che non c’e fine a quello che si può imparare e l’esperienza che sto facendo in Inghilterra ha aperto tantissimo i miei orizzonti. Però questo desiderio di imparare e continuare a documentarsi e a fare esperienza senza sosta deve venire da dentro, non si può instillare negli altri. Quindi auguro a tutte le nuove mistress di provare lo stesso entusiasmo che provo io nel venire a conoscenza di nuove pratiche o nuove maniere di eseguire una stessa pratica e cercare tutte le informazioni necessarie per poi divertirsi in sicurezza.
Sito Ufficiale di Claire Delacroix https://mistressclairedelacroix.com
I video di Claire Delacroix https://www.clips4sale.com/studio/152923/mistress-claire-delacroix/
Claire su Twitter https://twitter.com/clairedelacroi1
